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Catechesi in parrocchia – unità Pastorale Sant’Ambrogio-Domegliara

 

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Come le parrocchie dell’Unità Pastorale di Sant’Ambrogio-Domegliara hanno impostato la proposta di iniziazione cristiana

Da qualche anno le parrocchie di Sant’Ambrogio e di Domegliara hanno accettato la sfida di ripensare ai cammini di I.C., avendo constatato le difficoltà di una proposta tradizionale diventata via via infeconda e condividendo le analisi pastorali che da varie parti invocano la necessità di un cambiamento. Il primo passaggio è stato il tentativo di coinvolgere i protagonisti dei processi di I.C.: i genitori e i catechisti. Nel frattempo si è andata consolidando la collaborazione tra parrocchie, avviate ormai in un cammino di Unità Pastorale, tanto che su questo ambito non c’è più solo una semplice collaborazione, ma una conduzione complessiva unitaria.

La prima decisione presa è stata quella di abbandonare l’impianto scolastico. La suddivisione in gruppi di età omogenee, i percorsi annuali scanditi da tappe conclusive di passaggio alla tappa successiva, la delega dei genitori a figure educative formate sui metodi e sui contenuti, il ritrovo presso aule arredate con tavoli, sedie e lavagne: sono strumenti particolarmente adatti all’apprendimento di contenuti e di nozioni. È stato un impianto che la Chiesa ha mutuato dalla scuola, ben adatto all’esigenza di trasmettere un contenuto chiaro a generazioni di ragazzi in un contesto cristianizzato. Oggi questo impianto, l’unico che conosciamo, si dimostra inefficace: l’attenzione di oggi deve aiutare ad entrare in una relazione, a vivere l’esperienza dell’incontro con Dio, a riconoscere la propria identità di figli.

Si è intuito che fosse necessario esplicitare due differenti finalità al cammino di I.C., attraverso due modalità corrispondenti. La prima finalità è l’accoglienza della Grazia di Dio nei sacramenti, e offriamo i relativi cammini propedeutici. Si tratta di brevi percorsi localizzati in un periodo ristretto di circa due-tre mesi, aperti alle età corrispondenti secondo le indicazioni CEI (8-9 anni per la prima confessione e la prima comunione, III e IV elementare; 11 anni per la Cresima, II media). Non è un percorso di “preparazione”: se fosse così, la preparazione dovrebbe essere verificabile e difficilmente conseguibile in 5-6 incontri, data la sproporzione naturale tra la grandezza del dono di Dio e la nostra capacità di accoglierlo. Si tratta di aiutare i ragazzi e le loro famiglie a prendere coscienza che sta avvenendo per loro qualcosa di importante, i cui effetti diventeranno più evidenti dopo aver ricevuto il sacramento. Il tempo più importante, quindi, non è quello della “preparazione”, ma della “mistagogia”. Desideriamo fare in modo che i ragazzi siano accompagnati anche in seguito, e aiutati ad entrare nella normalità della vita cristiana illuminata dal sacramento ricevuto.

Per questo, la seconda finalità è quella di accompagnare la vita, e offriamo una serie di “laboratori della fede”. L’idea è che nella comunità cristiana si possa dare ai ragazzi l’occasione di incontrarsi tra di loro e di condividere l’esperienza di appartenere alla stessa comunità e di camminare insieme. Si tratta di brevi itinerari, aperti a tutti e senza prerequisiti richiesti, facendo attenzione alle fasce di età dei partecipanti. Si tratta in genere di 4-5 incontri, attorno ad aspetti significativi della vita cristiana: alcuni valorizzano la celebrazione dei tempi forti (Avvento e Quaresima), altri riguardano ambiti specifici (missionarietà, preghiera, carità), altri sono legati ad un servizio (chierichetti, coretto). Il calendario dei laboratori si snoda lungo tutto il percorso dell’anno, in base alle disponibilità di persone che li animano e li guidano, senza che ci sia alcun obbligo di continuità per i partecipanti. Chi lo desidera, può trovare numerose occasioni di incontro; chi ne avverte meno il bisogno potrà prendere solo ciò che gli interessa. Nella nostra Unità Pastorale possiamo godere della presenza dell’Azione Cattolica (ACR), che rende possibile a quelle famiglie che lo desiderano entrare in un percorso annuale, caratterizzato da maggiore continuità.

Gli aspetti positivi.

È ormai chiaro che partecipare alle proposte nel periodo di I.C. non è un obbligo, ma una scelta. Per quanto in moltissimi casi la motivazione profonda di questa scelta sia tutt’altro che matura e consapevole, si verifica generalmente una maggiore manifestazione di interesse. Se a questo si aggiunge il fatto che concretamente i ragazzi vivono gli incontri in un periodo ristretto, c’è maggiore intensità nelle attività proposte, senza il logorio di un itinerario stancante. L’aspetto più significativo è la qualità dell’approccio, che predilige l’attenzione alla persona (chi sei tu) e al suo incontro con il Signore più che la completezza formale di un contenuto da trasmettere (ciò che voglio dirti io). Anche se gli aspetti di limite, come scritto più sotto, sono ben più numerosi, complessivamente la bontà di un impianto come questo non è da mettere in discussione, e si tratterà di apportare i necessari aggiustamenti, seguendo il naturale sviluppo evolutivo di questo ambito pastorale. Non tutti i problemi sono stati risolti, e anzi ne abbiamo riscontrati di nuovi, tuttavia si intuisce lo spuntare di buoni germogli che infondono speranza. È una direzione sulla quale desideriamo continuare a scommettere, anche se ad oggi non ci sono evidenze di risultati lusinghieri.

I limiti e le prospettive

L’evidente frammentazione della proposta ha come prima conseguenza la maggiore fatica a entrare in relazioni continuative e significative nei gruppi, tra i ragazzi, con gli educatori e nella comunità. Su questo punto, l’appartenenza ad un gruppo-classe rendeva più favorevoli i rapporti tra i ragazzi, con la catechista, tra le famiglie. La possibilità di accedere al cammino di ACR è una scelta che molti trovano fruttuosa, senza che sia obbligatoria per tutti. D’altra parte c’è una tendenza sociale sempre più radicata, da saper sfruttare più che demonizzare, ed è quella dell’elezione. Si appartiene ad un gruppo in forza di una precisa scelta valoriale, per le quali si è disposti a investire molte energie, a scapito di appartenenze ritenute più superficiali. La nostra attenzione dovrà essere quella di trovare e indicare occasioni per innescare diverse (non univoche) forme di appartenenza. Nel frattempo, sono possibili alcuni semplici correttivi organizzativi per favorire la continuità (es. tener conto di chi ha partecipato in Avvento quando si pensano i gruppi di Quaresima; es. aggiungere un incontro in più o ritarare le modalità dell’incontro nei cammini verso i sacramenti)

La seconda conseguenza dei cambiamenti adottati è l’accento dato alla struttura più che alla relazione. La gestione di iscrizioni, avvisi, adesioni, gruppi, che prima era naturale e scontata, ha richiesto strumenti efficaci per rendere possibile organizzare al meglio il reticolo delle attività. Lo strumento informatico di un sito internet si è dimostrato utile, ma ha di fatto reso meno facile l’incontro personale. Abbiamo già iniziato a correggere questa distorsione attivando un servizio di segreteria. Si tratterà di favorire il più possibile anche l’incontro tra famiglie.

Uno dei temi di maggiore importanza che non ha trovato soluzione, anzi è stato forse acuito, è la difficoltà di animare la domenica e di metterla al centro. Anche nei tempi forti, ad eccezione dei ragazzi impegnati in qualche servizio (chierichetti e coretti), la presenza dei ragazzi e delle famiglie è talmente scarsa da essere preoccupante. Si dovrebbe sostenere la scelta di svolgere gli incontri dei ragazzi alla domenica mattina, prevedendolo come un momento della giornata cristiana del Signore insieme alla partecipazione alla Messa.

Una cosa di cui tener conto, che non è di per sé un aspetto di limite e può essere una vera risorsa, è il fatto che il cambiamento si è fatto chiedendo alle catechiste di prima di riadattarsi ad una nuova forma. Molte di esse hanno dimostrato grande flessibilità e sono state capaci di indirizzare in modo nuovo la loro passione per questo servizio. Portano in dote la loro esperienza e il bagaglio della loro fede. Alcune, come è naturale, hanno cessato il loro compito, senza essere rimpiazzate. Il condizionamento di abitudini e linguaggi tipici del precedente impianto si fa comunque sentire.

Anche il tema della delega dei genitori verso le catechiste-insegnanti è ancora da risolvere, ed è urgente farlo. Certamente la tipologia media delle nostre famiglie mostra fragilità evidenti, anche sul piano della trasmissione della fede; è anche vero che ce ne sono alcune dotate di maggiori requisiti e potrebbero ricuperare la loro dimensione missionaria, prendendosi cura di animare il cammino di tutti. C’è bisogno di trovare forme innovative di partecipazione e di collaborazione.

Una difficoltà, piccola ma non insignificante, è il confronto con altre parrocchie. Nonostante tutti dicano che i percorsi tradizionali sono da ripensare, la maggior parte delle realtà più o meno vicine è tornata ad adottare senza cambiamenti il metodo tradizionale. La mancanza di sperimentazioni significative, di apertura ad un dialogo costruttivo tra parrocchie e operatori, di linee operative concrete e condivise, tutto questo crea in noi e nelle nostre famiglie disagio e confusione